12 luglio 2019

Alice from Wonderland - Book Review #10

Per festeggiare il primo pugno di recensioni più o meno professionali che sono approdate su questo blog, ho scelto il libro di un'autrice italiana molto gettonata e la sua Alice, che viene da Wonderland e che ancora una volta ha bisogno di ritrovare se stessa.

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Mettetevi dunque comodi, perché questo viaggio sarà un po' lungo e la chiacchierata sarà una delle mie solite infinite. Prima di iniziare, però, una piccola premessa.

Come penso sappiate, io ho molte riserve per quanto riguarda gli autori italiani, emergenti o indipendenti che siano e non. Sono una lettrice molto fussy, vedo quello che leggo forse con occhio troppo critico e nel momento in cui qualcosa non mi torna, tutti i nodi vengono al pettine, tutte le virgole fuori posto vengono alla luce e io mi rovino la lettura. Non so spiegarvene il motivo, ma è sempre stato così per ogni genere di libro e autore, ma in particolare con quello che appare nel panorama italiano. Non è un vero e proprio pregiudizio, attenti, perché io leggo volentieri tutto quello che mi ispira di primo acchito e senza partire troppo prevenuta, però quando si tratta di autori italiani c'è sempre qualcosa che finisce per rovinarmi la lettura e io finisco per essere la pecora nera del gregge.

Eppure, questa regola non è valsa per Alessia Coppola e il suo romanzo - o almeno, non completamente. Ecco perché siamo qui oggi a parlarne tutti insieme; ha piegato qualche regola nel mio panorama delle letture e penso che sia degno di nota quando un autore mette in discussione le convinzioni di un lettore, ragione per cui siamo qui a discuterne insieme.

Leggendo le sue note a fine libro e spulciando nella sua biografia, ho potuto notare che questa ragazza è molto attiva nel panorma letterario e sono felice che abbia pubblicato così tante storie che piacciono e fanno emozionare, parlare di sé, altrimenti non sarei mai arrivata a leggere di Alice from Wonderland e questo articolo non sarebbe mai stato scritto -- e qualcuno di voi probabilmente si sarebbe sentito sollevato. Non vi biasimo, visti i miei papiri.

In teoria dovreste essere già a conoscenza della storyline del suo romanzo, ma nel caso viveste sotto una roccia come me, penso che inizierò dandovi qualche informazione base, proprio come una bookblogger che si rispetti - e che  sicuramente non sono.

La trama è piuttosto semplice e lineare, basilare quasi. Il libro si apre con Astrid, la nostra protagonista, che si risveglia per le strade di un piccolo paesino dell'Inghilterra e viene (r)accolta da questi due signori distinti che l'adottano e la accudiscono nonostante lei non ricordi assolutamente nulla del proprio passato. Le danno un nome, perché non ha memoria del proprio, e cercano in qualche modo di educarla alla vita in società, da brava signorina che si rispetti. Peccato che Astrid non sia disposta a piegarsi alla volontà dei genitori adottivi e a plasmarsi per il contento della società. Non è sicura di appartenere a quel mondo e non ha intenzione di rispettare regole così rigide e formali. Come me, lei è un po' la pecora nera della famiglia, ma nonostante tutto viene amata e benvoluta da entrambi i coniugi, che fanno del loro meglio per supportarla.
Tutto è bello e tutto è tranquillo fino a quando Mary, la madre adottiva, non decide di portarla da un sarto molto conosciuto per poterle far cucire un nuovo abito in vista delle festività. Lì incontra Edmund, l'apprendista di tale sarto, ed è quasi un interruttore che viene premuto e illumina di nuovo quella parte della mente della ragazza che era rimasta vittima dell'oblio. Astrid ora sa per certo di non appartenere a quel piccolo paesino di periferia, sa per certo di non essere tagliata per entrare in società e sa esserci qualcosa di più nel passato che non ricorda e nel futuro che l'attende. E di sicuro non riuscità a trovarlo a casa di Mary. Ecco perché decide di fuggire e andare a cercare la propria identità altrove, forse anche un pochino nella speranza di incontrare Edmund ancora una volta, guidata da una strana chimica e una strana sensazione a cui non riesce a dare un nome, sicura che abbia le risposte alle domande che la tormentano da quando le è stata data quella nuova identità che non le appartiene.
Così incomincia il suo viaggio - e il nostro.

Ora, non so se partire dai pro o dai contro, perché comunque per entrambi i punti c'è abbastanza da dire.

Facciamo che partiamo con i lati positivi, così questo post inizia con il piede giusto.

Innanzitutto, essendo un libro dalla trama semplice e lineare, non richiede chissà quale sforzo psicologico. Non è un libro che tiene impegnati così tanto da far passare il piacere della lettura, quindi è un bene; si legge velocemente, è scorrevole e ha quel giusto ammontare di elementi misteriosi che suscitano curiosità nel lettore da far sì che si continui di capitolo in capitolo. Non dico che i colpi di scena siano tutto questo spettacolo (anzi, sono abbastanza scontati e li si vede arrivare senza alcuno sforzo) ma sono piazzati nei posti giusti, nei momenti giusti della storia, così che la narrazione sia comunque incalzante e non noiosa. In più i capitoli non sono eccessivamente lunghi e questo aiuta nel passo della narrazione, che non capitombola quasi mai. Stranamente, non mi sono mai ritrovata a saltare qualche passo, come di solito mi capita in queste situazioni, perché l'autrice, pur presentando le stesse tematiche over and over again nel corso dello svolgimento della storia, non scade mai nel noioso o nel banale. E lasciatemelo dire: what a surprise! Sicuramente non mi sarei mai aspettata di trovare un retelling di Alice in Wonderland con elementi originali e curiosi. Ho proprio sentito l'autrice prendere il mondo di Lewis Carrol e piegarlo al proprio volere, farlo suo e renderlo parte integrante non solo della nostra protagonista e della sua avventura, ma anche del piccolo angolo di mondo che occupa Alessia stessa. Io, nei panni di lettrice, mi sono sentita parte della piccola comunità di cui ci racconta la nostra autrice indipendente e mi sono ritrovata completamente immersa nell'atmosfera dell'epoca in cui Alessia ha ambientato la storia di Astrid.

Questo è sicuro un tratto che ho apprezzato in particolar modo, in quanto ho trovato le descrizioni degli ambienti e della Londra Vittoriana molto accurati sia storicamente sia eticamente parlando. Non ci sono stati svarioni particolari che hanno reso il contesto inverosimile e l'elemento steampunk che Alessia ha scelto di includere si è amalgamato alla perfezione con tutto il resto, rendendo il paesaggio e gli ambienti vividi e realistici, senza troppi fronzoli.
A riguardo, mi sento di menzionare la rappresentazioni che Alessia ci fornisce della former house di Lewis Carroll, a un certo punto della storia; non ho avuto modo di ricercare più approfonditamente la questione, perciò non posso dire con certezza se sia un elemento storicamente accurato e reale oppure frutto della sua fantasia e in qualche percentuale, ma se mai dovessi soffermarmi a pensare in che tipo di casa abbia vissuto Charles Dodgson, sicuramente additerei e indirizzerei le persone a quella di cui ci racconta Alessia in questo romanzo. Non penso che esista un ambiente che più lo rispecchi esteticamente e psicologicamente parlando della mansion presente in Alice from Wonderland.

Sempre restando in tematiche storiche, ma questa volta parlando dei nostri protagonisti, ho apprezzato l'inserimento di personaggi realmente esistiti in passato e il loro ruolo. Da quel poco che ho intravisto, le caratterizzazioni basilari mi sono sembrate abbastanza relatable a quello che si legge di questi determinati personaggi (di cui non dirò il nome per evitare spoiler) quando si fanno ricerche online. Forse quello che mi ha più fatto storcere il naso è stata la fretta con cui sono stati sviluppati; avrei, al posto di Alessia, dato loro un po' più di spazio e di tempo per evolversi e intrecciarsi nelle avventure dei nostri protagonisti.

A tal proposito, una nota molto positiva e che penso sia il biglietto da visita di questo romanzo, è sicuramente la ricerca accurata che è stata fatta nei confronti di Lewis Carroll come persona, nei panni di Charles Dodgson in primis, e del suo romanzo più acclamato. Alessia ha scavato a fondo e ha costruito un profilo psicologico che ho trovato molto affine alla mia idea dell'autore di uno dei miei classici e libri preferiti in assoluto, ho riscoperto molti aspetti e informazioni relativi alla sua vita che ho studiato e che avevo quasi dimenticato, ed è stata un'emozione indescrivibile. Mi rendo anche conto essere un livello di nerdness, il mio, che va al di là dei confini della normalità, ma stiamo parlando di un libro che racconta di Alice e di Wonderland, quindi... cosa vi aspettavate? La normalità hanno smesso di servirla con il tè delle cinque eoni addietro, ormai!

E sempre restando in tema di personalità e personaggi che ho apprezzato in particolar modo, vorrei concludere questa porzione di post parlando di Algar, che è un protagonista/antagonista a tutto tondo. Quando inizia a mostrarsi e a uscire dal bozzolo (no pun intended) ruba la scena a tutti a mani basse. È stato in assoluto il personaggio che più ho apprezzato e che ho trovato molto ben sviluppato in confronto a tutti gli altri. A un certo punto entriamo nella sua mente, conosciamo la sua storia e capiamo il modo in cui Alice lo ha formato e cambiato nel corso delle epoche e dei mondi che hanno visitato. È un personaggio dalla psiche complessa, che non è tutto apparenza e che sicuramente esula dai confini del personaggio che rappresenta e al quale si rifà se prendiamo in esame l'opera originale di Lewis Carroll. Alessia ha dato ancora una volta un tocco di classe personalissimo, che ha dato una connotazione totalmente inaspettata al romanzo. Alla fine di tutto, mi si è stretto il cuore per Algar, nonostante le sue azioni rientrino perfettamente in quella che viene gergalmente definita grey zone. Forse, sotto sotto ho dei sentimenti anche io.

Purtroppo però, alongside queste note positive ce ne sono anche alcune negative. Quindi esploriamo insieme quello che non mi ha convinto di questo romanzo, mettendo in luce il fatto che sia solo la mia umile opinione di lettrice e che quello che ha fatto storcere il naso a me, non è qui per essere verità assoluta e indiscutibile, anzi: tutt'altro!

Penso che fondamentalmente si risolva tutto nel fatto che la trama sia molto basilare e il libro abbastanza corto.

Dal momento che la storyline principale non ha chissà quali pretese (l'elemento principale trovo che sia l'esecuzione del retelling di per sé, non tanto la costruzione dello stesso), i colpi di scena sono stati abbastanza prevedibili. Non c'è stato l'effetto sorpresa, perché per come si sono messe le cose in determinati punti, è stato quasi scontato immaginare cosa sarebbe accaduto e quando, e questo è un elemento a sfavore. Credo che al posto dell'autrice avrei scritto un libro più lungo (da brava fan dei papiri quale sono) e mi sarei presa il mio tempo per sventrare passo dopo passo ogni singolo evento chiave del romanzo. Forse sarebbe uscita una storia più corposa, avvincente ma non così veloce come quello che è invece il risultato finale (che tutto sommato è stato apprezzato, don't get me wrong), ma personalmente l'avrei apprezzato di più, soprattutto se fosse stato fatto un lavoro di lima più accurato su quelli che avrebbero dovuto essere i colpi di scena.

Questa basilarità la si ritrova purtroppo anche nella costruzione dei personaggi che, devo riconoscerlo, inizialmente ho trovato interessanti ma che a lungo andare si sono rivelati essere molto insipidi - a parte Algar, come vi ho già detto, e questo rende il suo personaggio ancora più curioso.
Alice è molto stereotipata, la classica ragazzina che cerca di far vedere che ha le palle quadre - scusate il francesismo - ma che pian piano scema in un mezzo stereotipo della damigella in pericolo che deve essere salvata. Il novanta percento dei suoi pensieri ruota attorno a Edmund e al triangolo amoroso che viene a crearsi (e che in questo caso mi ha quasi coinvolta più della storia di per sé, facendo nascere una mezza otp) e questo fa sì che si perda un po' il centro vero e proprio del romanzo.
Edmund è affascinante, ma va pian piano perdendosi, diventando molto marginale e viene relegato alla pari dei personaggi secondari e degli aiutanti, soppiantato da Algar e dalla prepotenza del suo carattere, quando in realtà dovrebbe essere uno dei personaggi chiave. Mi ha intristito un po', perché la figura a cui si rifà nell'opera originale è una a me molto cara e avevo aspettative superelevate che non sono state corrisposte. Sono comunque decisa a voler leggere il resto dei romanzi appartenenti a questo ciclo, perché la storia di per sé non mi è dispiaciuta e spero che ci sia molto di più per quel che riguarda i nostri protagonisti.
Also, vorrei menzionare il fatto che i personaggi secondari e gli aiutanti fossero molto... forgettable? Non sono convinta di avere un aggettivo in lingua italiana per definirli, quindi accontentatevi della spiegazione del concetto di per sé, perché quando si è fluenti in tre lingue diversissime l'una dall'altra, ogni tanto si perdono le parole per strada, quindi perdonatemi. Ma back to our main point, quello che voglio dire è che i nostri personaggi secondari - well, quelli di Alessia - non sono ben definiti e costruiti. Giocano sì un ruolo chiave, hanno tratti fisici e non che sono distintivi e distinti, ma purtroppo mancano nel fissarsi nella memoria del lettore e pagina dopo pagina hanno perso di spessore. Più e più volte mi sono ritrovata a chiedermi chi fosse chi e che ruolo stesse interpretando e l'ho trovato davvero triste, dal momento che la storia di per sé mi stava catturando.

Ultima nota negativissima, che se io fossi stata nell'autrice avrei completamente omesso, è stata la parte del libro intitolata "e se...?"

Ora. Follow my lead perché qua si cerca di dare una motivazione senza spoilerare il finale del libro e questa è una delle cose più difficili ever.

Il finale di per sé, quello che chiude l'avventura di Alice è un signor colpo di scena; fa una signora porca figura. È l'unica cosa che non ho visto arrivare di tutto il romanzo, quello che è stato l'elemento inaspettato, il Signor Cliffhanger con tanto di capital letters. È stato la degna conclusione alla storia perché in qualche modo ha reso il tutto più realistico e alla portata del tipo di avventura che Alessia ci ha raccontato.
Sì, okay, l'happy ending è sempre il più quotato quando si tratta di questo genere di letteratura, ma io sono fan di tutto ciò che rientra nell'outline del realismo e quel finale in particolare mi avrebbe lasciata soddisfatta se solo a esso non fosse seguito il capitolo del what if che, tra parentesi, mi ha fatta imbestialire.
Capisco il fanservice, capisco l'aggraziarsi e l'accontentare i lettori, ma quel capitolo non l'avrei proprio messo. In primis, e oggettivamente, perché è stato molto affrettato e poco sviluppato; sembra quasi essere stato buttato lì come un contentino. Soggettivamente parlando, invece, perché ha rovinato la storia sul più bello. Ha fatto sì che il romanzo facesse uno scivolone spaventoso e mi ha lasciata con l'amaro in bocca - e credetemi se vi dico che mi piange il cuore a dirlo.

In fin dei conti, comunque, è stata una bella esperienza di lettura, nel complesso soddisfacente e inaspettata. È un libro che consiglio a tutti gli amanti del genere, ma soprattutto a chi ha voglia di approcciarsi al mondo degli autori emergenti e indipendenti del panorama italiano (anche se Alessia rientra più nella seconda categoria che nella prima) e che ha voglia di scoprire un lato della letteratura inglese che è andato dimenticato. Se poi voleste farvi un giro nella Londra Vittoriana, be'... Eccovi serviti!

Le sue tre stelline oggettive sono ben meritate, mentre le quattro soggettive sono un colpo di fortuna perché l'ho letto nel momento giusto; è stato il romanzo di cui ho avuto bisogno in quel periodo, perciò nonostante quelle piccolezze che normalmente mi avrebbero fatto storcere il naso, quella di Alessia è una storia che terrò nel cuore e che sicuramente consiglierò ancora e ancora, nelle più disparate sedi.

E con questo finisce il mio papiro dedicato ad Alessia Coppola e alle avventure di Alice. Spero che vi sia piaciuto leggere i miei scleri e che questa piccola recensione vi abbia invogliati a gettarvi tra le pagine di quel romanzo che, oltretutto, è un bookporn assurdo e incredibile da tanto che è bello. Come al solito, vi ringrazio per avermi seguita e vi do appuntamento alla prossima. Un bacione a tutti, lettori e lettrici! ♥

 

All the love,

S.

 

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